Bambini e tecnologie di comunicazione – di Marco Guastavigna


L’ISTAT ha pubblicato nel dicembre 2001 il rapporto Bambini e new media: personal computer, internet e videogiochi”, che contiene numerose informazioni, su cui ragionare anche dal punto di vista della scuola. I dati provano che tra il 1995 e il 2000 l’uso del computer si è molto diffuso sia presso bambini sia presso i ragazzi: utilizzano un PC circa 2.400.000 soggetti tra 3 e 14 anni, ossia il 36.3% della popolazione di tale fascia d’età, mentre nel 1995 il fenomeno riguardava il 25.6% di quella tra 6 e 14 anni. Sempre nel 1995 erano assai rilevanti le differenze tra i due generi (31.3% dei ragazzi vs. il 19.8% delle ragazze), che attualmente sono invece sfumate: usa il PC il 36.9% dei maschi e il 35.5% delle femmine. Il rapporto sottolinea la significatività del dato, raffrontandolo con le classi di età successive: a partire dai 15 anni, infatti, usa il PC il 33.9% dei maschi contro il 23.7% delle femmine, e la distanza si fa ancor più netta se si considerano le persone oltre i 25 anni. Utilizza un computer l’11.2% dei bambini tra 3 e 5 anni, la percentuale sale al 34.8% tra 6 e 10 e interessa più della metà della popolazione tra 11 e 14 (55.4%). Si è invece ampliato il divario tra i ragazzi del Nord e quelli del Sud: il tasso di incremento più ampio (circa l'80%) dell’uso del PC si è registrato nel Nord-est, dove si è passati dal 28,7% al 51,6%, mentre il Nord-ovest, passato dal 31,2% al 49,3%, ha avuto un incremento del 58%. Il Sud (27.7%) e le Isole (22.2.%) registrano un tasso di diffusione più basso, conseguente a livelli più bassi già nel 1995 e ad incrementi più contenuti nei cinque anni. L'indagine ha poi rilevato una forte correlazione tra titolo di studio dei genitori e uso del PC da parte dei figli: tra il 1995 e il 2000 la percentuale di bambini e ragazzi che utilizzano il PC con genitori che hanno la licenza elementare o nessun titolo di studio è rimasta quasi identica (dal 13,0% al 13,5%), mentre i bambini con almeno un genitore laureato sono passati dal 43.3% al 61.6% e quelli con almeno un genitore diplomato dal 33.0% al 49.1% . Su questi aspetti va fatta una prima riflessione: il sistema scolastico nazionale può avere una funzione perequativa ancor più importante che nel  passato, ovvero deve più che mai essere momento unificante e comune, nel quale a ciascun giovane cittadino venga garantita, nel nome del diritto di tutti alla cultura nelle sue varie articolazioni intellettuali e operative, un’efficace familiarizzazione con le attuali tecnologie di comunicazione. In che cosa consiste l’uso del PC da parte di bambini e ragazzi? Il 36,2% della fascia 6-14 anni ci gioca, mentre il 21,5% lo utilizza per studiare; il gioco prevale sullo studio anche considerando solo l’insieme 11-14 anni; va però aggiunto che negli ultimi cinque anni è l’utilizzo del PC per studiare ha avuto un aumento pari a circa il 150%. Internet interessa solo 530 mila ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 14 anni (21,9% della popolazione della stessa età), il suo uso è fortemente correlato al titolo di studio del genitore e segnala ampie differenze territoriali. Il forte incremento del numero di femmine già indicato riguarda tutti i tipi di uso: nel
1995, per esempio. i bambini che usavano il pc per studiare erano il 10,5% contro il 5,8% delle bambine, mentre nel 2000 lo scarto si è notevolmente ridotto (22% vs. 20,9%). Tra i ragazzi che usano il PC, infine, l’80,2% ha almeno uno dei due genitori che usa il computer a casa, mentre è il 14,1% la quota di figli che usano il pc ma che hanno entrambi i genitori che non lo utilizzano. Questo dato segnala alla scuola un bisogno di mediazione culturale[1] su cui riflettere in merito alla familiarizzazione: dobbiamo garantire  alle esperienze d’uso delle tecnologie senso e attenzione pedagogica costruendo percorsi didattici validi da un punto di vista formativo generale[2] .

 

In rete per approfondire

Sintesi del rapporto - per leggere il documento è necessario Acrobat Reader

http://www.pavonerisorse.to.it/pstd/newmedia.zip

 



[1] Solo nel caso dei videogiochi, imposti dal mercato, non vi è correlazione tra diffusione e titolo di studio dei genitori.

[2]L’attenzione alla congruenza tra attività proposte e finalità formative è un impegno preciso di questa rubrica e della nostra rivista. Rinvio a Guastavigna M., “Macchine dell’astrazione e bambini”, in Insegnare, 1, 2000 e soprattutto a Oliverio A., “I rischi di un’acculturazione empirica”, in Insegnare, 5/2000.