Cacce al
tesoro digitali – di Marco Guastavigna
(pubblicato in “Insegnare”,
2-3/2004)
In un numero precedente ci siamo occupati di Webquest[1].
Questa volta presentiamo le “cacce al tesoro”, un’altra simpatica, semplice e potente
opportunità per gli insegnanti di proporre agli allievi navigazioni su Internet
consapevolmente organizzate e con compiti definiti. Rispetto al Webquest si
tratta di un impianto più semplice, che può quindi costituire il passo
precedente, in un percorso propedeutico all’integrazione della ricerca di rete
e più in generale delle TIC nella quotidianità della didattica, per ora delineabile
in via ipotetica, ma che mi auguro possa il più rapidamente possibile diventare
effettivo. Particolarmente popolare tra i colleghi spagnoli[2], una
“caccia al tesoro digitale” è infatti la strutturazione di un’attività
didattica che prevede l’impiego di Internet nelle attività curriculari di un
gruppo-classe. Sinteticamente, si tratta di una consegna di lavoro (che può
essere trasferita o meno su di una pagina web) che contiene una lista di
domande e una serie di pagine web sulle quali gli allievi dovranno trovare le
risposte a tali quesiti. L’analogia con la caccia al tesoro di tipo tradizionale
nasce dal fatto che il percorso si conclude con una “gran domanda finale”, la cui risposta non è reperibile in forma immediata
e diretta nelle risorse navigate, ma richiede agli allievi processi induttivi e/o inferenziali che consentano loro di costruirla. I compiti richiesti
all’insegnante o agli insegnanti che decidano di utilizzare queste modalità di
lavoro sono da una parte la selezione di risorse di rete scientificamente attendibili
e facilmente impiegabili, con le quali rispondere a una lista di domande
significative in rapporto a contenuti curriculari, dall’altra la capacità di
costruire la “gran domanda finale”, in modo che essa costituisca davvero
un’occasione di costruire apprendimento significativo, attraverso processi di
sintesi, di confronto, di elaborazione delle informazioni raccolte nella prima
fase. Quello descritto fin qui è lo schema generale di una “caccia al tesoro
digitale”; ne sono possibili varianti, da quella semplificata in cui non si
proporrà la “gran domanda finale” perché si giudica che gli allievi non siano
ancora in grado di mettere in gioco le competenze necessarie, a quella, più
complessa, in cui verranno proposte ancor prima della “gran domanda finale”
medesima, quesiti di diversi livelli di difficoltà, alcuni la cui risposta sia
direttamente “estraibile” dalle pagine indicate, ed altri che rendano invece necessario
un ulteriore “trattamento cognitivo” della informazione raccolta. Altre
varianti possono essere ricorrere a un solo sito di riferimento, o invece
proporne una certa quantità, oppure variare il grado di difficoltà dei quesiti,
oppure ancora di guidare la soluzione della “gran domanda finale” con
indicazioni esplicite piuttosto che lasciare il tutto a totale carico degli
allievi. E così via. Al momento non ho notizia[3]
che siano in atto nel nostro Paese “cacce al tesoro digitali” a scopo
didattico, ma sono convinto che esse possano rapidamente trovare spazio perché:
1.
sono
relativamente facili da realizzare per gli insegnanti e sono divertenti e
formative per gli allievi: sembrano un gioco e mettono nelle condizioni di imparare
molto, non solo relativamente alle domande poste;
2.
possono essere
realizzate come attività sia individuali sia di gruppo;
3.
a patto di avere
risorse Internet adeguate per il contenuto e in rapporto all’età mentale degli
allievi, possono essere utilizzate per qualsiasi aspetto del curricolo;
4.
sono
propedeutiche all’acquisizione della consapevolezza che su Internet non basta saper trovare, ma è anche necessario saper valutare i risultati di una ricerca.
Come già detto nel caso del Webquest, è ipotizzabile
anche di affidare agli allievi la realizzazione in prima persona di una “caccia
al tesoro digitale”. Una classe si può dividere in diversi gruppi e ciascun
gruppo, oltre a elaborare una propria attività, potrà poi risolvere la “caccia”
realizzata da un altro gruppo. In questo caso l’insegnante dovrà sottolineare e
valutare la necessità che le domande e le risorse individuate siano
rappresentative, pertinenti e rilevanti rispetto al tema scelto.
In rete per approfondire
Esempi di cacce al tesoro in
lingua spagnola, basca, catalana, portoghese, inglese, francese |
|
Generatore online di “cacce al
tesoro” in lingua spagnola |
|
Generatore online di “cacce al
tesoro” in lingua inglese |
|
“Internet en el aula: a la caza del tesoro[4]”, del prof. Jordi Aime,
dell’Università Jaume I |
|
Per fare una ricerca sulle “cacce al tesoro
digitali” |
Inserire
le parole-chiave “Treasure Hunt”, “Scavenger Hunt” o “Knowledge Hunt” |
[1] Cfr. Guastavigna M., “Webquest: una buona
prospettiva”, in Insegnare, 11/12, 2003
[2] La gran parte delle segnalazioni presentate nella
tabelle in calce provengono infatti da siti di questo Paese.
[3] Per meglio dire: i motori di ricerca e i repertori
di risorse didattiche che conosco non segnalano esperienze di questo genere.
[4] Sono debitore a questo articolo di molte delle considerazioni esposte in questo contributo.