Formazione Docenti Specializzandi – di Marco Guastavigna

(Pubblicato in Handicap&Scuola 205/ 2019)

Le condizioni di partenza

Ancora una volta (la quarta) sono tutor del Laboratorio sulle tecnologie della comunicazione nell’ambito dei percorsi di specializzazione per il sostegno agli alunni e alle alunne con disabilità della scuola secondaria di II grado. La mia mansione istituzionale è far crescere le “competenze didattiche con le TIC” dei corsisti, che – recita la normativa – dovranno realizzare un “prodotto multimediale finalizzato alla didattica speciale”, che sarà oggetto di valutazione in quanto tale e che concorrerà poi a definire il punteggio dell’esame finale, nel quale sarà oggetto di colloquio tra candidati e commissione. Insomma, affronto un compito professionale e culturale parecchio interessante, soprattutto perché lo devo di volta in volta assolvere tenendo conto delle effettive condizioni di contesto. Da una parte ci sono le esigenze dei corsisti, che presentano non solo lauree ma anche percorsi lavorativi molto diversi, perché comprendono sia insegnanti precari in servizio sia – caratteristica di questa edizione – provenienti da altri settori, senza alcuna esperienza di insegnamento. Dall’altra devo considerare le configurazioni materiali del laboratorio, che si svolge presso gli istituti convenzionati con l’Università e quindi nelle classiche “aule informatiche” delle scuole, come tuttora si esprime il gergo dei più. Ne consegue che non sono disponibili né dispositivi di supporto e ausili hardware e software né strumenti per una produzione audiovisiva autonoma di qualità, la quale pretenderebbe per altro una quantità di tempo e un impegno incompatibili con il concreto svolgimento del corso, che in questa edizione è particolarmente concentrato. Oltre al fatto che il sistema operativo di riferimento obbligato è Windows, il solo di fatto usato nelle scuole.

Scelte di base

Come ampiamente documentato in https://udlinbit.school.blog/, che raccoglie e descrive l’intero percorso, ho deciso perciò di costruire un bacino di informazione sugli ausili digitali fornendo ai corsisti specifici percorsi di documentazione e di attività, che ho realizzato anche in formato ottimizzato per la fruizione via smartphone e che saranno disponibili per tutto il periodo del laboratorio, ma anche oltre. Per quanto riguarda invece la produzione multimediale, sollecito in modo molto esplicito all’impiego dei “video degli altri”, ovvero a un utilizzo riflessivo e analitico della gigantesca riserva di materiali audiovisivi immagazzinata in rete e fruibile in streaming. Insisto sulla necessità di rispettare del diritto d’autore e della deontologia dell’insegnamento, concetti che sottolineo e chiarisco già nei primi incontri d’aula, volti a costruire dialetticamente – attraverso spunti forniti da me e discussione nel gruppo – un profilo professionale ampio, aperto e critico del docente che utilizza le risorse digitali. A un’autentica consapevolezza è rivolto in particolare il modulo “Approccio critico alla ricerca in rete”, che stimola la riflessione sulla profilazione da parte di Google e Facebook, piattaforme di intermediazione che estraggono valore dalle attività e dalle interazioni dei loro utenti. Solo avendo chiari tutti gli aspetti dell’agire intellettuale e culturale nell’ecosistema digitale, infatti, è possibile pensare di applicarvi in modo consapevole ed efficace i principi dell’Universal Design for Learning, l’approccio che costituisce il nucleo culturale e operativo fondamentale del Laboratorio, in particolare la strutturazione di attività didattiche significative e destinate a un intero gruppo-classe, capaci di fornire all’insieme degli allievi:

- molteplici mezzi di rappresentazione;

- molteplici mezzi di azione ed espressione;

- molteplici occasioni di coinvolgimento.

UDL in bit

È fondamentale che i futuri insegnanti di sostegno comprendano e mettano in pratica il fatto che i dispositivi e i contenuti digitali hanno alcune caratteristiche che ne fanno quasi costitutivamente un ambiente di progettazione universale sostenibile, ovvero che per raggiungere risultati significativi non richiede un sovraccarico operativo. Se infatti la multimedialità consente di utilizzare diversi canali comunicativi, la prospettiva crossmediale invita a realizzare prodotti didattici attenti ai valori aggiunti dei diversi media, dalle slide all’ebook, mentre la multimodalità permette la fruizione in diversi modi di uno stesso contenuto, come nel caso di un file di testo leggibile anche mediante la sintesi vocale. Senza dimenticare la collaborazione e la condivisione tra colleghi: invito costantemente i corsisti a discutere e confrontare tra di loro idee e concreta realizzazione degli elaborati e a considerare che ciascuno terminerà il percorso disponendo non solo del proprio materiale, ma anche di quello altrui. A questo proposito, non vincolo nessuno, ma invito tutti a rilasciare il proprio elaborato secondo una licenza Creative Commons.

Cognizione aumentata

Più volte sottolineo ai corsisti anche un altro aspetto strutturale del supporto digitale, ovvero la sua plasticità e plasmabilità, ben esemplificata da operazioni come taglia-e-incolla, che valorizzano una didattica ad impostazione propedeutica e strategie per prova e verifica – per esempio nel caso di progettazione, stesura e revisione di un testo –, con l’insegnante (e/o il gruppo dei pari) che assume un esplicito ruolo di supervisore, di guida e consulente per un’attività complessa qual è il curricolo di apprendimento delle capacità di scrittura. Altro valore aggiunto nella direzione della molteplicità dei mezzi di rappresentazione e di coinvolgimento è il meccanismo dei link ipertestuali, collegamenti potenziali a ulteriori conoscenze esplicative, esemplificative e così via. I corsisti di questa edizione, inoltre, stanno esplorando la possibilità di estendere la logica del collegamento attivo anche alle superfici informative fatte di “atomi”, mediante la produzione di QR code, appiccicati, posati o riprodotti in altri modi su pagine di libro o oggetti di vario genere, dalle porte dei laboratori alle lapidi presenti nell’edificio, in grado di attivare con uno smartphone connessioni a risorse di rete o a brevi testi, sul modello delle risorse per turisti spesso disseminate sul territorio esterno all’edificio scolastico. L’intenzionale incremento delle opportunità cognitive trova applicazione anche in scrittura controllata e adattamento dei libri di testo secondo i tre protocolli di semplificazione scientificamente definiti. A partire dall’esplorazione di dueparole.it, infatti, invito e guido i corsisti alla produzione di testi originali ad alto tasso di comprensibilità e/o all’intervento su parti significative dei libri di testo in uso nella realtà scolastica in cui operano. Analogamente, li porto a impadronirsi dei diversi modelli logico-visivi di vari tipi di rappresentazione grafica della conoscenza, in modo che li sappiano usare in modo davvero compensativo e non lesivamente dispensativo, valorizzando il rigore cognitivo e nello stesso tempo la plasticità delle applicazioni digitali destinate a implementazioni consapevolmente diverse: mappe concettuali vs. mentali vs. tematiche vs. schemi prêt-à-porter e così via. Qui e altrove sottolineo la possibilità e la necessità di ricorrere a strumenti free e open source, in modo da non dover pagare royalties, e da poter sollecitare gli studenti di usarli anche sui propri dispositivi.

Video trafficati

Ho già fatto presente la necessità di usare i prodotti audiovisivi della rete. Aggiungo ora che questa possibilità si coniuga ottimamente con l’opportunità fornita da vari ambienti a vocazione esplicitamente didattica presenti su Internet che permettono di “annotare” i video, sincronizzandoli con commenti, link a pagine web, domande a risposta aperta e chiusa, note sonore e perfino con una totale sostituzione dell’audio originale.  Siamo di fronte a una modalità di azione sui contenuti video che permette significativi interventi di mediazione didattica, che – come nei casi descritti nel paragrafo precedente – possono configurare attività di classe ad alto tasso di inclusione. A questo approccio, che permette di passare da una ricezione immersiva a una fruizione riflessiva dei contenuti video si affianca quello delle piattaforme educative che consentono la produzione sia da parte degli insegnanti sia da parte degli studenti di bacheche digitali multimediali, ma anche di percorsi più articolati, costituiti sia di materiali disponibili in rete sia di strumenti di lavoro inseriti dagli utenti. In questo modo si dà vita a libri digitali, lezioni, corsi e tragitti di lavoro fortemente guidati e interattivi, spesso coniugabili con una classe virtuale da intendere come ampliamento non come sostituzione ma come di quella effettiva, in presenza. Si configurano così spazi operativi e professionali per una promettente estensione delle opportunità didattiche dei gruppi e degli individui coinvolti. Del resto, non è certo un caso che in prevalenza i corsisti realizzino il proprio elaborato in questo tipo di ambienti, la cui impostazione flessibile e aperta consente di progettarne usi diversi, adattati alle differenti esigenze delle varie tipologie di scuola secondaria di secondo grado e a vari campi disciplinari, evidenziandone la trasversalità operativa e cognitiva.